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Psicologia

Published on Febbraio 24th, 2017 | by Giovanni De Gregorio

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LA CONOSCENZA LIBERATRICE

Quante volte ci slitta la frizione, e presi dalla rabbia o dalla paura finiamo per agire impulsivamente, magari pentendoci dopo cinque minuti di quello che abbiamo fatto. E quante volte ci rendiamo conto che cadiamo sempre sullo stesso punto, con quella stessa persona o su quella stessa situazione!

Sembra che qualcosa più forte di noi ci rapisca e ci porti a fare e a dire ciò che non vogliamo. Ma cos’è? Vogliamo finalmente iniziare a cambiare qualcosa?

È un dovere recitare quando si è consapevoli.
[Roberto Assagioli]

Bisogna arrivare a conoscere ciò che ci succede per esperienza diretta. E’ un atto di presenza a noi stessi quello che ci serve, che ci strappi dai nostri automatismi e ci ponga nella dimensione della coscienza. Un processo che si avvia ogni volta che poniamo a noi stessi la seguente domanda: DOVE SEI?

E allora lo spettacolo ha inizio e noi diventiamo spettatori oltre che attori della nostra vita. Possiamo così osservare direttamente le nostre spinte energetiche. Conoscerle attraverso il  contatto diretto e non subirle più. Possiamo quindi guidarle sapientemente verso più sane e sagge soddisfazioni.

I veri attori non sono quelli che si identificano completamente nella parte, ma quelli che si calano in essa con quella distanza sufficiente che gli consente di mantenere una certa presenza. Questo significa recitare veramente.

Recitare? Giò…ma che vuol dire? E a che serve??? Ora ci prendi pure in giro, tu e questo Assagioli?! Guarda che mi sta per partire l’embolo!!!

Una volta, quando studiavo all’Università di Psicologia, partecipai a un esperimento. Mi chiesero di rimanere a digiuno tutta la mattinata e poi mi fecero vedere delle immagini sfocate chiedendomi cosa ci vedessi. La stessa cosa chiesero a tutti gli altri partecipanti. Secondo voi quali furono le risposte? Quasi tutti ci vedevamo del cibo o delle bevande. Chi pizze e birre, chi panini, chi piatti fumanti di pasta, chi carne grigliata, qualche vegetariano vide anche degli sfornati vegani! Sapete perché? Il pensiero era guidato da un bisogno: quello della fame! Nei gruppi di controllo, dove invece il digiuno non era stato osservato, vennero fuori risultati del tutto diversi. Questa è la dimostrazione che il pensiero è una funzione inconsapevole, cioè è guidato da bisogni, paure, desideri e quant’altro.

La vera conoscenza non arriva dal pensiero ma parte da una presenza interiore.
Non sto parlando quindi di usare la nostra intelligenza o il nostro pensiero per capire cosa ci sta succedendo. Queste sono “pippe mentali”! Occorre invece esserci e sentire.

Ehi Giò, ma allora il pensiero a che serve?

Il pensiero è una funzione psicologica molto importante, ma non è spiegandoci le cose che risolviamo il problema, non è analizzando che possiamo garantirci la sicurezza.
Il pensiero ha una funzione organizzativa dell’esperienza. Ma se invece delle esperienze stiamo li a pensare e ad analizzare, che cosa stiamo organizzando? Organizziamo le nostre pippe mentali!…e ci blocchiamo.

Voi pensate, quando si recita, coscienti,
consapevoli della parte che stiamo recitando,
noi abbiamo in mano il mondo!
È un dovere recitare quando si è consapevoli.
Quello è l’unico dovere, perché ci rappresentiamo sapendo ciò che stiamo facendo
e quindi abbiamo in mano veramente la possibilità di direzionare l’energia.
[Antonio G. Tallerini]

Quante volte nel mio lavoro, mi arrivano persone che si sentono schiave di una parte di se che le spinge a fare ciò che non vogliono, e a ripetere sempre gli stessi copioni. E sentirsi in colpa per questo, certo non li aiuta! Se vogliamo padroneggiare un’energia dobbiamo scegliere di recitarla, per conoscerne i suoi bisogni e le sue richieste di fondo.
Con la domanda “Dove sei?” attiviamo in noi uno sguardo che ci vede dall’alto e a questo punto possiamo autorizzare quell’energia ad esprimersi. Potrebbe così accadere di accorgerci che..: “Mi sono sentito appagato quando…”, “In quel momento mi sono sentito vivo..”, “quando è accaduta quella cosa ho avuto un colpo al cuore”, “quella affermazione è stata come un pugno allo stomaco” “dopo quel momento, non è stato più come prima”, “quella parola mi ha reso felice”. Ecco questo significa essere presenti e sentire! E da questa presenza nasce una nuova conoscenza.

Ehi Giò, ma questo vuol dire che se mi salta l’embolo e mi viene voglia di darti un ceffone, mi guardo dall’alto così prendo meglio la mira?? 

Ma no!?! Certo, se ti ci dovessi trovare dentro come ogni volta, allora guardati dal vivo. Ma non è necessario farlo per davvero. Basta che cominci a farti un film nella tua testa..

Mettiamo pure il caso che riesca a farlo, ma poi dove le indirizzo queste parti di me?

Una volta conosciuto il bisogno che soddisfa quella spinta interiore puoi provare a vedere di soddisfarlo in maniera più evoluta, dignitosa e meno dannosa. Ricorda, il bisogno è sempre sacrosanto. E’ il modo di soddisfarlo che è modificabile. Ad esempio, se io avverto una spinta a cercare qualcuno di diverso dal mio partner, piuttosto che farmi i sensi di colpa, che una volta passati mi porterebbero a sentire ancora di più il bisogno di trasgredire, posso recitare quella parte trasgressiva, quand’anche nella mia mente, per capire cos’è che accende. Una volta compreso per esperienza diretta che ad esempio soddisfa il bisogno di apprezzamento allora posso vedere se è possibile ottenere quella stessa sensazione di appagamento con il mio partner, ammesso che voglia ancora continuare quella storia. Questa conoscenza mi ha liberato da una coazione a ripetere automaticamente sempre lo stesso copione, a recitare inconsapevolmente sempre le stesse scene.
Ecco perché la chiamiamo Conoscenza liberatrice!

 La regia deve stare nelle nostre mani, non può essere rappresentata da un buffone di corte, pur bravo attore che sta dietro le quinte della coscienza e che esce fuori quando gli pare.
[Antonio G. Tallerini]

Ehi Giò, ma se recitare una parte di me, mi porta a conoscerla e quindi a soddisfarla meglio, recitare la parte degli altri mi potrebbe aiutare a superare le ingiustizie e i torti da loro subiti??

Ehi, che domandone oggi!
Questo mi porta a pensare a tutte le incomprensioni, le violenze ed i torti subiti e al tempo che perdiamo per non riuscire più a staccarceli di dosso. All’inizio cerchiamo di tenerli lontani, poi proviamo ad accettarli, e quando siamo sfiniti diventiamo anche disposti a perdonare purché tutto passi e presto. Ma non passa! Anzi alla prima distrazione o al primo tempo morto, ecco che il trauma risalta fuori, così come la persona che ce l’ha procurato.
Possiamo analizzare quanto ci pare ciò che ci è accaduto, ma rischiamo, solo di farci delle “pippe” mentali. Finiamo per ripetere mille volte nella nostra testa ciò che abbiamo già vissuto e a risentire ogni volta quasi sadicamente quel dolore. Non lo facciamo apposta. Noi vorremmo solo che non fosse mai accaduto. Tutto questo ci ha cambiati ma noi non vogliamo accettarlo. E allora la mente ci ascolta e prova a riavvolgere il nastro per farlo ripartire dall’inizio, come se nulla fosse accaduto, o per trovare un qualcosa che possa cancellarlo.

Dovremmo imparare a recitare la parte del copione di chi ci ha per esempio aggrediti nella vita. L’identificazione con l’aggressore. Saper recitare la parte di chi ci ha aggrediti o di chi non ci ha capito, di chi non ci ha amato, di chi ci ha odiato, di chi ci ha leso. Saper entrare in questa parte. Poter ideare il modo per rappresentare, per consentire la nostra giusta comprensione,
altrimenti tutto il problema sarà sempre fuori di noi. Saper recitare la parte dell’aggressore è dire alla parte di noi offesa ciò che abbiamo sentito e subito dagli altri. Un’opera di apparente dissociazione, ma di comprensione profondamente intima che non tende a giustificare l’aggressore, ma includerlo, a tenerlo nel campo di coscienza che si allarga…
[Antonio G. Tallerini]

Ricordi? Tutto ciò che escludi diventerà tuo nemico! Invece di rifiutarla, subendo 1000 volte nella nostra mente quella stessa violenza, o di evitarla, vedendola quindi spuntare improvvisamente da dietro a ogni angolo, o di agirla inconsapevolmente finendo per diventare a nostra volta carnefici senza volerlo, possiamo scegliere consapevolmente di recitarla a livello immaginativo. Uno dei modi di trasformazione delle energie più straordinaria riguarda appunto l’appagamento immaginativo. Una forma di allenamento questa, che è un passaggio attraverso cui l’energia si muove. Si muove però nel qui e ora e non per regressione nel passato. Ricordate? Si porta il passato nel presente. Si sa che si sta qui e lo si sta vedendo da qui, senza perdere la connessione con la realtà.

Giò ma recitando nella mia mente la parte dell’aggressore, forse io posso comprenderlo o arrivare a capire perché mi ha fatto quel torto o quella violenza?

Anche! E questo avviene perché in ognuno di noi esiste una certa dose di aggressività, anche se non sono mai stato un aggressore violento. Per la serie, non sono un Killer, ma non mi è mai passato per la testa di aggredire qualcuno? Recitare consapevolmente quell’energia aggressiva subita, mi può aiutare ad esempio a conoscerla come reazione sproporzionata e abnorme ad un bisogno negato e quindi ad imparare a dosarla per riutilizzarla in me come forza utile ai miei scopi.

Non si conosce che attraverso la Presenza.
Noi possiamo essere presenti con tutto.
E’ questa la conoscenza liberatrice!
[Antonio G. Tallerini]


Sull'autore

Sono Giovanni De Gregorio, ideatore di "Sintetizzando": il Blog che ti aiuta a conoscere, gestire e trasformare il tuo mondo interiore. Qui troverai esempi pratici e materiale multimendiale che ti aiuterà a diventare più padrone di te! Sito personale: http://www.giovannidegregorio.it/



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