AIUTARE SENZA LASCIARE ORME
Quante volte vorremmo aiutare gli altri suggerendogli il da farsi. “Ha funzionato per me, funzionerà anche per te!” Questo pensiamo. Ma il più delle volte non è così. Anzi più insistiamo e più l’altro sembra chiudersi a riccio. E la voglia di gettare la spugna aumenta… Che fare?
Bisogna entrare nelle persone senza lasciare le orme. Entrare, ma col rispetto di chi sa che non deve lasciare pedate. Perché noi entriamo nelle persone, ma ci vogliamo mettere la firma affinché l’altro si ricordi che noi ci siamo stati. E’ troppo narcisistico il bisogno!
E non è facile entrare in una persona e non lasciarci il segno. Il segno è la vibrazione che resta.
Voi immaginate un tintinnio, qualcosa che rimane nell’altro perché ha ricevuto la visita in una relazione significativa. Gli si attivano i campanelli interiori. E vibra di se, perché quel nostro ingresso gli ha permesso di muovere le campane interiori! E’ un’altra cosa.
Se non lasciamo le orme aiutiamo veramente, lasciamo amore.
[Antonio G. Tallerini]
Ehi Giò, ma io vorrei solo fare del bene. Ma perché quella persona non mi ascolta?
Per fare il bene…bisogna farlo bene! Ci vuole equilibrio per gestire e indirizzare la nostra “crocerossina interiore” che vuole salvare a tutti i costi il mondo ed evitare che gli altri soffrano. Una spinta altruistica importante da gestire e non da subire.
Non è facile accettare di non essere capiti. Non è facile perché la personalità richiede sempre prestazioni speciali, prestazioni amorevoli, o di comprensione a tutti i costi. Ma forse non siamo molto chiari, visto che le leggi della comunicazione sono 3 e sono antiche: chiarezza, comprensibilità e utilità di quello che diciamo. Chiarezza nella nostra mente, comprensibilità nel senso che tutto arrivi all’altro in termini comprensibili e soprattutto utilità, inteso come comunicare le cose che non sono sono utili a noi, ma utili all’altro!
[Antonio G. Tallerini]
Spesso ci avventuriamo anche in forme di preghiera per l’altra persona affinché le nostre richieste vengano soddisfatte. Ma in fondo è giusto?
Non si ha il diritto di pregare per una “intenzione” particolare, riguardante un’altra persona, senza che questa lo sappia e vi consenta. Chi lo fa, si assume una grave responsabilità karmica.
Invero è grande presunzione il creder di sapere quale sia il vero bene di un altro,
quali siano “le vie” per cui Dio vuol condurlo.
Si può invece pregare in modo generale per il più alto bene, qualunque esso sia, della persona che ci sta a cuore e offrire per essa a Dio forze e “meriti” in nome dell’Unità della Vita,
dell’amore spirituale che è comunione in Dio.
[Roberto Assagioli]
Un concetto secco quest’oggi per poter riflettere a fondo. Un riferimento da considerare per chi fa psicoterapia, counselling e o comunque decida di mettersi sulla strada di aiutare gli altri…
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